Che colore ha un sabato trascorso in ufficio? Bianco come le pareti che mi circondano ed il blocco di fogli alla mia sinistra. Ma anche luminoso come i raggi di Sole che attraversano la vetrata e caldo come la voce di un amico che telefona inaspettatamente.
Cellulare poco lontano dal monitor in attesa di qualche sms che rompa la solitudine, le casse del piccì che quasi urlano le canzoni dei Bon Jovi e dei Queen... ma oggi ho preferito accendere la radio. Hum... in questo momento fanno ascoltare Pino Daniele... hum... decisamente non fa per me...
Un sabato trascorso in ufficio ha il sapore di un'aranciata amara, la cui lattina è poco discosta dalle chiavi e dalla calcolatrice: dolciastra, ma subito dopo leggermente amara, un sapore che senti ai lati della lingua e che, dopotutto, non è poi così sgradevole. «Bevo e sono felice» recita l'etichetta. Che strano concetto che hanno della felicità, i pubblicitari.
Nel pezzetto di cielo che vedo attraverso il portico c'è un piccolo stormo di piccioni che volano compatti, descrivendo un cerchio, mentre i rami spogli degli alberi si stagliano contro un cielo insolitamente turchese, considerata la stagione. Il pensiero torna all'airone che mi sono ritrovata in mezzo alla strada, questa mattina. Ho fermato l'auto, lui ha dispiegato le grandi ali e se ne è andato.
Sul piccì, in attesa che io termini la pausa pranzo, c'è da aggiornare un sito dedicato al materiale per l'isolamento termico ed acustico. Nel cuore, in attesa che io termini di catalogare tutti i miei dubbi e le mie insicurezze, c'è una decisione da prendere. Una bella decisione, ma che comporta delle conseguenze che fatico ad immaginare.
Meglio darsi il burrocacao alla fragola sulle labbra, farsi un bel sorriso e riprendere il lavoro.
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